È difficile spiegare cosa si provi ad essere “pervasi” da anoressia, bulimia e altri disturbi alimentari.
Usiamo non a caso un termine così forte, perché con il Disturbo Alimentare ci si sente dominati da qualcosa che ci spinge a comportarci, muoverci, vivere, rispondere in un certo modo, senza la possibilità di essere liberi, di vivere la nostra esistenza con leggerezza.
Allora si rifiutano gli amici di sempre, ci si chiude in se stessi, si mente spesso e ci si procura un giusto alibi come risposta ad ogni azione.
Quando si soffre di un Disturbo Alimentare si mettono al centro della propria vita alcuni pensieri ossessivi:
- il peso
- l’aspetto fisico
- il cibo
Si tende inoltre a tagliare fuori molto precocemente tutto ciò che ostacola il raggiungimento del proprio obiettivo. I Disturbi Alimentari diventano così il mezzo attraverso cui comunicare il dolore di vissuti traumatici reali o percepiti come tali, dei quali l’unico palcoscenico diventa il proprio corpo.
Questo tipo di disturbi, oltre a provocare un’emergenza sanitaria, rappresenta lo specchio di un più ampio disagio sociale che riguarda una serie di difficoltà che investono l’immagine corporea, la percezione di sé e delle relazioni sociali.
I D.A. coinvolgono statisticamente dall’1% al 3% della popolazione, ma si ritiene che, considerando le situazioni sub-cliniche (quelle che non soddisfano tutti i criteri per una diagnosi) i tassi di prevalenza possano raggiungere dal 5% al 15 %.
In Italia sono oltre 3 milioni di persone a soffrire di D.A.
Nell’ 85% dei casi si tratta di donne adulte, adolescenti e bambine.
Negli ultimi anni il fenomeno ha iniziato a riguardare in maniera sempre maggiore anche gli uomini (circa il 20%). Questi disturbi non devono essere scambiati per malattie dell’appetito. Sono al contrario disagi psicologici profondi. L’approccio nutrizionale da solo, senza l’integrazione psicologica ed educazionale non permette di elaborare le autentiche cause di questa grave patologia che copre una disperata fame d’amore poiché il cibo rappresenta esclusivamente un mezzo di comunicazione della sofferenza della persona. Il peso non è un marcatore clinico imprescindibile di Disturbi Alimentari: anche persone che possono definirsi “normopeso” possono infatti essere affette da questa patologia.
Pensare in modo ossessivo al cibo-corpo-peso diventa un anestetico che permette di non sentire la sofferenza.
Gli effetti fisici:
Il Disturbo Alimentare comporta un graduale ma devastante cambiamento a livello fisico che si può manifestare in modo differente a seconda del disturbo che la persona presenta.
Si possono verificare: ulcere intestinali, danni permanenti ai tessuti dell’apparato digerente, disidratazione, danneggiamento di gengive e denti, seri danni cardiaci, al fegato e ai reni, problemi al sistema nervoso, con difficoltà di concentrazione e di memorizzazione, danni al sistema osseo, con accresciuta probabilità di fratture e di osteoporosi, blocco della crescita, emorragie interne, ipotermia e ghiandole ingrossate.
Gli effetti psicologici e socio-riabilitativi:
I D.A. portano con sé depressione, basso livello di autostima, senso di vergogna e colpa, difficoltà a mantenere relazioni sociali e familiari, sbalzi di umore, tendenza a comportamenti manichei e maniacali, propensione al perfezionismo.
Il cambiamento rappresenta inoltre uno scoglio insormontabile, oltre il quale l’incertezza la fa da padrona, rendendo la persona inerme di fronte alla vita.